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Attenzione, non ha nulla a che vedere con vegetariani e vegani. La PELLE VEGAN NON ESISTE! E, se esiste, NON È PELLE, MA PLASTICA.

La pelle conciata al vegetale è un prodotto di origine animale: bovini, ovini etc conciati, ovvero trattati, diversamente.

Nessun animale viene ucciso al puro scopo di utilizzarne la pelle, come accade con le pellicce. Le concerie recuperano e riutilizzano le pelli di scarto dell’industria alimentare. Nonostante si stia diffondendo una nuova sensibilità alimentare, che incentiva pratiche vegetariane o vegane, il consumo di carne nel mondo non è affatto diminuito, anzi è notevolmente aumentato. Infatti, secondo quest’articolo della BBC, la produzione di carne è quintuplicata dagli anni ‘60 ad oggi e, nel 2017, ha raggiunto ben 330 milioni di tonnellate. Che piaccia o no, questa è una realtà da affrontare. In questo contesto, l’industria conciaria gioca un ruolo fondamentale, perché permette il recupero di scarti che richiederebbero uno smaltimento speciale con elevati costi di gestione.

Il cuoio e la pelle conciata al vegetale sono prodotti di origine animale, quindi non sono l’acquisto ideale per chi sceglie uno stile di vita vegano. Attenzione però alle espressioni “cuoio vegano” o “pelle vegana” perché sono decisamente ambigui: le parole “Cuoio” e “Pelle” dovrebbero essere sempre e solo riferite a prodotti di origine animale, proprio per la massima trasparenza nei confronti di chi acquista.

Quando di parla di pelle vegana si parla di materiali di sintetici o derivati da vegetali. Tra i materiali sintetici i più utilizzati sono generalmente il PU (poliuretano) o il PVC (cloruro di polivinile), che sono a tutti gli effetti materie plastiche, derivate dal petrolio, praticamente impossibili da riciclare, soprattutto considerando che si usurano molto più rapidamente.

I materiali di origine vegetale sono invece anch’essi rielaborazioni di scarti dell’industria alimentare, quali torsoli di mela, bucce d’arancia, funghi, foglie d’ananas, sughero etc. Ma attenzione: alcune mescole possono prevedere l’aggiunta di materiali plastici per rafforzare la consistenza del materiale.

E allora, come andrebbe definita la “pelle vegana”? Sinussno spesso i termini “pelle artificiale”, “ecopelle” o “similpelle” per sottolineare l’idea che è simile alla pelle, ma che è realizzata in un materiale completamente diverso. Viene utilizzata anche “pelle sintetica in poliuretano”, “pelle vinilica” o “finta pelle in PVC”. Tutte queste definizioni non sono corrette, contravvenendo a precise prescrizioni normative, tra cui la Legge n.1112/1966. Infatti, il termine ” pelle ” dovrebbe essere utilizzato solo per indicare l’origine animale della materia prime utilizzate.

Anche i termini “Similpelle” ed “Ecopelle” non sono la stessa cosa. “Similpelle” serve ad indicare tutti quei materiali di origine diversa da quella animale, ma utilizzabili per le stesse applicazioni, soprattutto nella moda. “Ecopelle” indica invece un tipo di pelle o cuoio (quindi di origine animale) realizzato “a ridotto impatto ambientale” secondo la norma UNI 11427:2011.

Purtroppo molto spesso i rivenditori chiamano “ecopelle” anche la “similpelle”, perché il prefisso “eco” è più efficace a livello di marketing, proprio per la confusionale crea al consumatore meno esperto o disattento.

In precedenza abbiamo già parlato della concia in generale, soffermandoci però più su quella al cromo ( trovate l’articolo qui https://www.pellamiesposito.it/blog/amici-per-la-pelle/la-concia-della-pelle/ ). Soffermiamoci adesso sulla concia al vegetale.

La concia vegetale ha origini antichissime, alcuni esempi di concia naturale ai tannini risalgono a 2000 anni fa anche se lo sviluppo maggiore è avvenuto durante il Medioevo e fino alla fine del XIX secolo quasi tutti i cuoi erano conciati al vegetale.

In passato la concia al vegetale era molto lenta e prevedeva che le pelli venissero messe in tensione con un telaio e immerse per 1-3 mesi in una soluzione di acqua e cortecce di alberi. La pelle conciata in questo modo non era molto morbida ed era generalmente utilizzata per calzature, borse e cinture.

I processi produttivi di una pelle conciata al vegetale sono più tutt’oggi lunghi e complessi rispetto alla concia al cromo e possono essere suddivisi in due grandi parti: le lavorazioni “a umido” e lavorazioni “a secco”. La

lavorazione “a umido” comprende tutte le fasi in cui è coinvolta l’acqua, invece la lavorazione “a secco” si riferisce alle fasi di rifinizione e asciugatura. L’intero processo di concia si compone di 5 macro fasi:

1. Lavori di Riviera

2. Concia

3. Riconcia

4. Asciugatura

5. Rifinizione

Dato l’uso continuo di acqua, sin dalla preistoria, la lavorazione veniva effettuata in prossimità dei fiumi. Ecco la cosiddetta fase di riviera, dal francese “rivière” (fiume). Questa fase preliminare ha lo scopo di preparare la pelle per la fase successiva ed è pressoché identica nelle due tipologie di concia: quella minerale, con sali metallici (principalmente sali di cromo) nell concia appunto al cromo e quella tradizionale, con olii naturali ( provenienti da betulla , quebracho , quercia e castagno, mimosa , Noce di Galla , Sommacco ecc.) detti tannini vegetali, nel caso del processo di concia al vegetale.

Le fasi preliminari del processo di concia, chiamate anche “lavori di riviera” a loro volta si suddividono in:

● Il rinverdimento

● La depilazione

● Il calcinaio

● La decalcinazione

● La scarnatura

● Il piclaggio

Terminata la fase riviera, la pelle non è ancora conciata, ma è pronta per la conservazione. Qui i percorsi tra concia minerale e vegetale sono nettamente separati, poiché vengono utilizzati prodotti diversi, anche se l’obiettivo è comunque quello di prevenire il deterioramento della pelle.

Successivamente iniziano le fasi di concia e riconcia. Fino agli anni sessanta, la concia al vegetale avveniva in delle vasche (concia lenta in vasca), in cui le pelli venivano immerse in soluzioni di tannini a concentrazioni progressivamente crescenti e durava circa 30 giorni. Oggi si usa principalmente la cosiddetta concia rapida in botte che grazie al movimento di rotazione, come una lavatrice, permette di ottenere un cuoio più flessibile e di abbattere i tempi di concia fra le 36 e 48 ore. Le botti ruotando facilitano la penetrazione dei prodotti conciari, ingrassi ed eventuali coloranti. Una volta conciata, la pelle è ovviamente ancora umida e con l’asciugatura inizia la quarta fase, quella della lavorazione a secco ed infine si hanno le varie fasi di rifinizione del prodotto, in base ai requisiti che si vogliono ottenere.

In realtà, una volta essiccata, la pelle conciata al vegetale necessita di pochi processi di raffinazione, bastano semplici operazioni meccaniche per ammorbidirla e stirarla, e quindi può essere immediatamente utilizzata per la realizzazione di prodotti finiti.

Nella concia al vegetale si possono trovare sia pellami nel loro colore “naturale”, di solito beige o marroncini, o anche colorati, ma in entrambi i casi il cuoio mantiene il suo carattere ed è immediatamente distinguibile rispetto ad una normale pelle all’olfatto, al tatto e alla vista. Tutti i tannini donano alla pelle un colore con tonalità del marrone, più o meno intenso e una fiamma diversa a seconda della pianta di provenienza. Si va da un colore beige chiaro utilizzando i vari tipi di mimosa, ad un beige marrone più rossastro con l’uso del quebracho, fino ad un più marrone intenso con l’utilizzo della buccia di castagna. Spesso si fa un “cocktail” dei vari tannini per ottenere quello che si vuole.

Anche la tempra cambia: rispetto ad una pelle conciata al cromo, la tempra della pelle al vegetale è generalmente più rigida e compatta, anche se molto dipende dalle ricette e dagli ingrassi utilizzati.

La concia al vegetale con tannino è in assoluto il metodo di concia più ecosostenibile e ha innumerevoli vantaggi:

● i tannini sono sostanze vegetali, sicure per l’uomo e per l’ambiente;

● i fanghi di risulta della concia possono essere trasformati in materiale per la creazione di laterizi per l’edilizia!)

● gli oggetti creati in pelle conciata al vegetale sono praticamente eterni;

● una volta terminato il loro ciclo d’uso, possono venire smaltiti facilmente ed essere trasformati in fertilizzanti per l’agricoltura

● Ogni pelle è diversa dall’altra e ha caratteristiche di unicità e irripetibilità.

● E’ adatta alla persone che soffrono di allergie. Essendo di origine vegetale, i tannini sono assolutamente sicuri anche per le pelli più sensibili, come quelle dei bambini. Al contrario, in soggetti predisposti, le pelli conciate al cromo potrebbero dare origine a orticaria o, addirittura, a dermatiti allergiche. Un’ulteriore prova della sicurezza del tannino arriva dalla nostra tavola: i tannini sono largamente presenti nella frutta, quali melograno, lamponi e mirtilli rossi, nonché in numerose bevande che assumiamo ogni giorno, come il tè e il vino rosso!

● E’ facilmente personalizzabile con le più svariate tecniche: incisioni, stampe, colorazioni ecc..

● Raggiunge spessori elevati, fino a 6 millimetri, che altre conce non possono raggiungere

● La pelle non invecchia ma migliora nel tempo

● E’ un’eccellenza del “Made In Italy”

Fra i principali svantaggi abbiamo:

● Gamma di colori più limitata

● Prezzo di vendita superiore rispetto ad altri trattamenti a causa delle materie prime più costose e della lunghezza e complessità del processo di lavorazione

In fase di rifinizione, le pelli conciate al vegetale possono essere tinte in botte o lasciate al naturale ( come in foto ) per poi essere tamponate a mano in un secondo momento. Le pelli al naturale, non colorate, vengono chiamate, a volte impropriamente, nei modi più disparati…cuoio, vacchetta…

Il risultato, come lo si chiami lo si chiami, è una #pelle meravigliosa, che tenderà ad invecchiare e col tempo diventare sempre più bella!

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